Questo blog è solo l'inizio di quella che, terminati i gradi giudiziari, diventerà la storia che personalmente racconterò....un libro che è già nella mia testa...

mercoledì, febbraio 26, 2014

Il nodo della contenzione in psichiatria tra gestione della sicurezza, diritti del paziente e “inconscio istituzionale”



25 Febbraio 2014 Nota a Tribunale di Cagliari, sez. Gip, sent. 17 luglio 2012, Giud. Casula
" ..9. Il protrarsi della contenzione per una settimana, come nella tragica vicenda della morte di Giuseppe Casu, induce il sospetto che qualcosa possa non aver correttamente funzionato nella gestione del paziente. Per quali ragioni, ad esempio, sarebbe stato tenuto costantemente legato al letto, sebbene, come risulta dalle testimonianze, egli alternava momenti di tranquillità a momenti di aggressività, e nonostante le sue condizioni consentissero agli infermieri di "scontenerlo" temporaneamente per accompagnarlo in bagno per le operazioni di lavaggio?"
 
 "Qualsiasi ricostruzione della giustificazione della contenzione meccanica coerente con le garanzie costituzionali della libertà personale non può che presupporre come ulteriore condizione di legittimità la brevità della "blocco del corpo" del paziente psichiatrico. Illegittimo è il protrarsi di una limitazione della libertà personale fuori dai casi espressamente autorizzati dalla legge dello Stato e la cui ammissibilità non sia stata confermata da un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Per quanto non si possa stabilirne a priori la durata massima, la legatura doverosa del paziente in situazioni di stretta necessità non può che avere una durata limitata per il tempo strettamente necessario alla risoluzione delle condizioni che l'hanno motivata[8]. Quando la contenzione non resta circoscritta a pochi momenti necessari, a una breve fase di passaggio indispensabile per calmare il paziente (ad esempio, per somministrare un farmaco), diventa strumento illegittimo e configura il delitto di sequestro di persona."
 
" ...Legare il paziente al letto è una scelta niente affatto ineluttabile come dimostra l'esistenza in Italia (e all'estero) di Spdc che, oltre a lavorare con le porte del reparto aperte, rifiutano altresì la contenzione; e ciò non per ragioni ideologiche, ma per precise necessità terapeutiche, oltre che ovviamente per rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali del sofferente psichico[10]. I servizi no restraint non costituiscono esperienze pionieristiche e isolate nel panorama nazionale e internazionale, ma rappresentano modelli di buon operatività basati sull'esperienza e che vanno radicandosi anche in realtà metropolitane di grandi dimensioni, presumibilmente uguali per tipologia di utenza ai servizi in cui la contenzione si pratica[11]. Questi Spdc hanno fondato lo scorso novembre 2013 l'associazione "Club degli SPDC no restraint"[12].
 
 "Dalla sentenza non è dato evincere quali procedure o accorgimenti operativi ed organizzativi e quali interventi siano stati adottati e messi in atto dai sanitari per tentare di slegare il paziente. Si apprende piuttosto un dato che appare alquanto inquietante, emerso dalla testimonianza di un medico della reparto, confermata dal direttore del Spdc, secondo cui « la pratica della "contenzione fisica" anche oltre le 48 ore era frequente in quel reparto che presentava problemi legati al sovraffollamento, atteso che il numero dei pazienti ricoverati era di gran lunga eccedente quello massimo stabilito dai regolamenti mentre quello del personale infermieristico era inferiore a quello necessario ».

"Si tratta di una dichiarazione rilevante che fa luce su una prassi allarmante diffusa nel reparto e solleva la delicatissima questione, che nella sentenza appare solo marginalmente sfiorata, se il protrarsi della contenzione meccanica di Giuseppe Casu sia stata o meno parte di una terapia avente prevalentemente carattere di contenimento routinario."
 
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